domenica 21 aprile 2013

quella ragazza stronza,ma dolce. 2


— Capitolo secondo.
Iniziasti a scherzare, sfottermi e ridere con me. Mi gridavi ‘panzerottooo’ perché era così che mi chiamavano alcune amiche, per quello che era successo qualche sera prima, e io come una stupida, come una ragazza emozionata arrossì per la vergogna. Sì, mi vergognavo. Mi vergognavo perché la timidezza mi ostacolava, era il mio pericoloso ostacolo impossibile da superare. Tu cercavi banalissime scuse, con discorsi anche stupidi, senza senso , per scambiare delle parole con me accompagnate da sguardi dolci. Ci riuscisti, riuscisti a farmi sbloccare pronunciando qualche piccola frase. Andammo a mare con la comitiva, dovevate farvi il primo bagno; vi faceste il bagno, e poi insieme andammo a campomarino. Tu, sì proprio tu, ti sedesti affianco a me in macchina. Parlammo, scherzammo, e intanto il tempo passava, e io col cellulare in mano pensavo e ripensavo. Tra i miei pensieri mi scappò una piccola riflessione ad alta voce ‘Nessuno mi pensa, nessuno mi scrive sms. Cambierò numero.’ Non appena ebbi gettato il telefonino tu mi guardasti e mi tenesti una mano ‘Da oggi in poi ti penso io, non cambiare numero,ti prego.’ con quel sorrisino, così dolce, così bello da far diventare pazzi chiunque, da far invidia anche alle stelle, alle cose più luminose che invadono di luce il cuore di chiunque.
Sentii quello che mi avevi detto, non ci credevo. No, non potevo crederci. Ti prendesti il mio numero, e la sera ti facesti la ricarica per poter messaggiare con me. Quella sera uscimmo tutti insieme, io,tu, tua sorella, i miei cugini e il resto del gruppo. Tu, dolcemente ti avvicinasti a me guardandomi e sorridendomi. Mi facesti alzare, mi abbracciasti e tra le tue braccia mi portasti davanti a mio cugino.
‘Luigi,quanto vorrei avere una cugina così bella come la tua’ dicesti.
‘Andrea se ne vuoi una tanto per, lei non è adatta. Sai chi va bene in quei casi.’ ti rispose mio cugino, proteggendomi.
‘No, tranquillo. Non voglio quella tipa, mi piace tua cugina..davvero!’ e ti avvicinasti con le tue labbra a quella guancia che ormai era caldissima dall’emozione e dalla vergogna, dalla timidità e dalla felicità. Non si capiva, o meglio non capivo nemmeno io cosa avevo in quel momento. Sembrava ti conoscessi da una vita. Sentivo nel mio stomaco non solo farfalle che volavano, ma anche tutti gli altri animali correre da una parte all’altra creando rumore e confusione, confondendomi la mente ancor di più di quanto già lo fosse e mischiando vari sentimenti che insieme davano vita allo star bene e alla felicità di cui avevo bisogno.
Quella sera, mi abbracciavi, mi tenevi sempre con te. Non mi lasciavi, ed era quella la cosa bella. Riuscivi a farmi star bene, in una maniera assurda. Mi rendevi felice, ed era quello ciò che cercavo da tempo: la felicità.
 

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